Juliette, una giovane donna originaria di un piccolo villaggio di campagna, sposa Jean, e va a vivere sul barcone fluviale del quale lui è capitano, "L'Atalante".

La vita a bordo è difficile per Juliette, incapace di trovare un ordine abituale in un mondo che in realtà le è completamente alieno. Viene affascinata dal rozzo, ma vitale, Pere Jules, il marinaio che lavora con Jean, e ciò provoca la gelosia irrazionale di quest'ultimo.

Quando la barca arriva a Parigi, la gelosia di Jean esplode all'interno di un bar, per la corte spavalda che Juliette subisce da parte di un artista di strada. La notte seguente, Juliette, stanca dell'opprimente attenzione del marito, va di nascosto nella grande città, della quale subisce un'attrazione quasi fatale, che il possessivo Jean scambia per volontà di tradimento. Colpito nell'orgoglio dalla fuga della moglie, Jean decide, contro il parere di Pere Jules, di partire senza aspettarne il ritorno.

Ma la perdita della donna che ama causerà in Jean un progressivo abbrutimento, che lo porterà alle soglie della pazzia. Solo tuffandosi nell'acqua della Senna crederà di poter rivedere il volto di Juliette.

Sarà alla fine Pere Jules che la cercherà, a Parigi, riuscendo infine a ritrovarla e a ricondurla da Jean.

 

 

 

 

 

 

 

Discendente degli antichi vicari di Andorra, Jean Vigo nasce a Parigi nel 1905, da Eugène Bonaventure de Vigo e Emily Clero, in una misera mansarda.

Il padre, fotografo, ma soprattutto militante anarchico, già da alcuni anni passa la maggior parte del tempo in prigione, ed è qui che assume lo pseudonimo di Miguel Almereyda, il cui significato è l'anagramma di una frase tra lo sberleffo e l'urlo di ribellione ("Y a la merde").

La sua infanzia è tumultuosa e disordinata, vissuta tra continui spostamenti e riunioni politiche. Quando il padre muore, in prigione, a causa della sua posizione contraria alla guerra, nel 1917, Jean è costretto ad andare a vivere con i nonni materni. Forse anche a causa della disperazione per la morte del padre, si ammala, e su consiglio di un medico viene inviato a respirare l'aria più salubre di Millau, ospite di un Collegio che si dovrà occupare anche della sua educazione. Jean viene iscritto sotto falso nome, per timore che venga riconosciuto come il figlio del famoso militante anarchico.

Ma il Collegio impone a Jean una disciplina incompatibile con la sua precedente educazione libertaria. La sofferenza che ne consegue sarà in seguito fonte d'ispirazione per il suo primo lungometraggio, "Zero in condotta".

Nel 1925 lascia il Collegio e inizia a frequentare il Liceo di Chartres, dove si diploma in Filosofia tre anni dopo. Si iscrive alla Sorbona, ma dentro di lui già è nata la passione per il cinema. E' la sua salute a fermarne momentaneamente lo slancio creativo, e a costringerlo a un ricovero nel sanatorio di Font-Romeu. Qui incontra la sua futura compagna, Lydu (Elisabeth Losinska), che sposerà il 24 Gennaio 1929 e dalla quale avrà una figlia (Luce).

Si trasferiscono a Nizza, dove Jean inizia la sua attività come aiuto regista. Di lì a poco realizzerà un cortometraggio ("A proposito di Nizza") che otterrà un buon successo di critica.Questo gli consentirà di ricevere l'incarico per due cortometraggi sportivi: uno su Jean Taris, campione di nuoto, e l'altro sul tennista Henri Cochet. Ma il successo tarda ad arrivare, e a causa delle difficoltà economiche Jean è costretto a vendere la sua cinepresa.

Sul punto di arrendersi, Jean fa però un incontro decisivo: quello con Jacques-Louis Nunez, un uomo d'affari che ha intenzione di diventare produttore cinematografico. Da questo sodalizio nasce il progetto di "Zero in Condotta". Purtroppo il film cadrà sotto i colpi della censura. Verrà vietato e non potrà essere visto dal pubblico fino al dopoguerra.

Nel 1934 Vigo, sempre con il produttore Nunez, realizza "L'Atalante", quello che da molti registi che verranno dopo di lui sarà considerato come il film più importante nella storia del cinema, quello che traccia una linea di demarcazione tra il cinema delle origini e il cinema moderno. Avendo a disposizione finalmente un cast d'attori all'altezza (Michel Simon, Jean Daste, Dita Parlo), e un soggetto che però non ama affatto (una banale storia d'amore ambientata nel mondo dei marinai fluviali), Vigo riesce a realizzare un'opera che crea una nuova grammatica cinematografica, e che in moltissimi suoi aspetti anticipa quello che è il cinema dei giorni nostri. Ha solo 29 anni, e pochi giorni di vita: riuscirà solamente a vedere la proiezione dell'opera non ancora del tutto montata, per morire subito dopo di tisi.

 

 

 

"Col pretesto che il cinema è nato ieri noi ce ne serviamo infantilmente nello stesso modo in cui un papà balbetta per farsi comprendere dal suo bimbo. Una macchina da presa non è una macchina pneumatica per fare il vuoto. Dirigersi verso il cinema sociale è consentire di svolgere una miriade di soggetti che l’attualità consentirebbe di rimuovere di continuo. E’ liberarsi da due paia di labbra che mettono tremila metri per unirsi, e quasi altrettanti per staccarsi."

 

 

 

"Se dobbiamo essere prigionieri, scegliamo almeno la nostra prigione e mettiamoci dentro il piacere e la gioia al punto di volerci passare tutta la vita."

 

 

 

"L'occhio dell'uomo, allo stato attuale della conoscenza, non sembra più sensibile del suo cuore. Questa costatazione sarebbe deprimente, se non ci fossero ancora ragioni per sperare nella pellicola cinematografica."

 

 

 

“Nous ne possedons pas cette acuité de vision (dans le sens le plus large du mot) que detient jusqu’ici le cinématographe : cette photographie de profondeurs voit l’ange dans l’homme, et le papillon dans la chrysalide”

 

 

 

“Il ne s’agit pas aujourd’hui de révéler le cinéma social, pas plus que de l’etouffer en une formule, mais de s’efforcer d’éveiller en vous le besoin latent de voir plus souvent de bons films (que nos faiseurs de films me pardonnent ce pléonasme) traitant de la société et de ses rapports avec les individus et les choses”.